In viaggio con la materia

Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. MiRo. Milano-Roma-Milano, 2021.
Jacopo Di Cera. Italian summer. Fake heaven. Rosignano Solvey, 2017. Famiglie alla ricerca di spazio nelle spiagge Bianche libere di Rosignano, famose per il colore della sabbia causato dagli scarichi della fabbrica di bicarbonato. Tiratura limitata: 1 di 9.
Jacopo Di Cera. Italian summer. Fake heaven. Rosignano Solvey, 2017. Famiglie alla ricerca di spazio nelle spiagge Bianche libere di Rosignano, famose per il colore della sabbia causato dagli scarichi della fabbrica di bicarbonato. Tiratura limitata: 1 di 9.
Jacopo Di Cera. Italian summer. The hut. Lido di Venezia, 2017. Anziano signore esce della sua capanna per approfittare di un po’ di sole di una delle ultime giornate di settembre. Tiratura limitata: 1 di 9.
Jacopo Di Cera. Italian summer. The hut. Lido di Venezia, 2017. Anziano signore esce della sua capanna per approfittare di un po’ di sole di una delle ultime giornate di settembre. Tiratura limitata: 1 di 9.
Jacopo Di Cera. Fino alla fine del mare. Viaggio #1.
Jacopo Di Cera. Fino alla fine del mare. Viaggio #1.
Jacopo Di Cera. Fino alla fine del mare. Ritorno #4.
Jacopo Di Cera. Fino alla fine del mare. Ritorno #4.
Previous Next Play Pause
L’arte è ovunque. Su di un treno, in una barca abbandonata, tra le macerie di un terremoto o su una spiaggia italiana. Ma la fotografia tradizionale su carta alle volte non basta. Come ci racconta Jacopo Di Cera.

Fotografo, imprenditore e pendolare per ben dieci anni sulla tratta Roma-Milano, Jacopo Di Cera, seduto sempre allo stesso posto, ha deciso di immortalare cosa i suoi occhi vedevano al di fuori del finestrino. Non semplici fotografie ma opere d’arte perché tutte stampate su vetro e incorniciate in quello che sembra essere proprio il finestrino di un treno, del suo treno. Progetti in cui la materia diventa un elemento fondamentale e imprescindibile del suo storytelling fotografico. Dopo MIA Photo Fair a Milano, Paratissima a Torino e Arte in Nuvola, da poco conclusasi a Roma, Jacopo Di Cera ci spiega come, negli anni, ha fatto del viaggio il focus intorno al quale ha sviluppato la sua narrazione attraverso le immagini e quale sia l’iter progettuale del suo lavoro.

Partiamo da “MiRo. Milano-Roma”, l’ultimo concluso...

Sono tre i progetti di fotomaterismo che ho portato avanti negli anni. MiRo. Milano-Roma è il terzo. Rappresenta un viaggio, il mio viaggio di tanti anni da pendolare. Vivo a Roma ma lavoro principalmente a Milano perciò mi sono ritrovato a percorrere questa tratta per lunghissimo tempo. Per me il viaggio ha sempre avuto una rilevanza particolare perché mio nonno lavorava in Ferrovia. Roma-Milano è una tratta meravigliosa: si parte dalla capitale per poi attraversare l’alto Lazio e la bassa Toscana con le sue dolcissime colline e la sua natura quasi incontaminata; poi il paesaggio cambia: si arriva a Firenze, poi Bologna, “territorio” dei writers; ancora dopo la pianura padana con il suo minimalismo strutturale che crea una trama stupenda sino a fare capolino nel pieno dell’industrializzazione che è Milano. Il viaggio per me ha sempre rappresentato un’esperienza, uno stato esistenziale.

Un lavoro durato dieci anni. Cosa hai voluto raccontare con MiRo-Milano-Roma?

Concettualmente il progetto fotografico è nato in un posto preciso del treno e su quello si è sviluppato. Per dieci anni mi sono sempre seduto sulla stessa poltrona, al medesimo finestrino, quello quadrato che sul Freccia Rossa oltretutto è unico. Ho scattato queste foto nell’arco delle stagioni, del tempo, degli orari, del meteo cercando di raccontare lo stesso viaggio visto in costante trasformazione. La scelta di scattare dallo stesso posto è autoriale: per me ha rappresentato il pendolarismo per eccellenza, metafora della staticità della posizione in contrasto con l’incessante dinamismo di ciò che cambia fuori. È un film fantastico, ogni volta diverso. Ovviamente ci sono immagini che ricorrono ma luci e colori cambiano di continuo. Lo scatto con il personaggio di South Park invece ritrae un momento in cui il treno viaggia a 300 km orari perciò se non viene immortalato fotograficamente non lo si vede. È bello, è divertente, è un instancabile gioco.

Le tue fotografie non sono semplici immagini su carta. Perché non stampare solo su carta?

Per me la materia è un tassello molto importante del mio percorso artistico. Tutto è iniziato con Fino alla fine del mare e vorrei continuare. Il fotomaterismo eleva la materia, sia nella storia che nel progetto, a elemento imprescindibile. In MiRo. Milano-Roma erano il ferro e il vetro. Mi piaceva l’idea di ricreare una finestra sul mondo che fosse anche portatrice di un messaggio poetico, e, perché no, anche un po’ sublime. Per cui, da un lato, l’utilizzo di supporti che non siano solo la carta dona un messaggio più forte alla narrazione e, dall’altro, la lavorazione artigianale fatta a mano rende ogni singola opera davvero unica.

Fino alla fine del mare è uno degli altri tre progetti fino ad ora realizzati, in realtà è stato il primo. Il secondo si intitola Il rumore dell’assenza, dedicato ad Amatrice. Torniamo un attimo al primo: sono stato a Lampedusa tante volte e, già dal 2010, tutte le barche utilizzate dai migranti, dopo gli sbarchi, venivano abbandonate sulla spiaggia. Se guardi tutto da lontano creano una immagine molto fatiscente ma se ti avvicini, piano piano, scopri colori e dettagli che prima ti sfuggono. Allora ho iniziato a scattare e più fotografavo più vedevo il bello nel brutto. Era interessante. Attraverso poi un percorso curatoriale ben preciso abbiamo voluto simboleggiare il viaggio dei migranti, il viaggio umano, attraverso diverse chiavi di lettura: la prima è il viaggio, lineare. Ho voluto usare l’astrattismo come elemento di libera lettura da parte dell’osservatore finale. L’isola è un altro tema che ho deciso di rappresentare con texture o forme particolari; il legame invece è raccontato attraverso elementi che si incrociano, si incastrano, più netti, più delineati, a volte puntiformi. Poi c’è la lotta: qui ho preferito impiegare la cromia con colori molto forti, come il rosso; e la salvezza, con forme e colori che portano chiaramente in questa direzione. Infine, l’ultima chiave è il ritorno perché per qualunque viaggiatore, anche un per un migrante, il desiderio di ritornare rimane vivo per tutta la vita. Tutte queste immagini sono state poi stampate su legno e resinate a mano, una per una. Quello della migrazione è un tema molto delicato, personalmente ho preferito depersonalizzarlo e lasciare spazio di libera interpretazione.

Italian Summer invece è nato quattro anni fa con una prima foto scattata con un drone a Procida e vuole raccontare l’italianità in vacanza nell’arco del tempo. È un progetto che durerà vent’anni e che metterà in evidenza le peculiarità di ogni regione e delle sue diverse frequentazioni, sempre da un punto di vista rigoroso, lo zenith, e sempre alla stessa ora.

Il secondo lavoro fatto, Il rumore dell’assenza, dedicato ad Amatrice è stato un percorso molto toccante. Sono stato ad Amatrice e ad Accumoli poco dopo il terremoto e sono rimasto profondamente colpito da ciò che ho visto. In questo caso ho voluto ricreare il viaggio psicologico dell’uomo legato al distacco e al percorso umano che affrontiamo quando avviene un lutto: prima c’è il rifiuto, poi la frammentazione, il mutamento e infine l’accettazione. Anche qui la materia ha rivestito un ruolo importante perché, dopo aver stampato su una carta Kraft molto sottile, ho scelto di appallottolare ogni singola stampa, l’ho poi riaperta e messa su canvas, ricreando anche il percorso legato alla fragilità umana.

La materia dunque cosa rappresenta per te? Uno strumento, un veicolo attraverso il quale dare un messaggio o qualcosa di più?

Rappresenta il tutto. Il mondo che ci circonda, che ci ospita e che abitiamo. Personalmente è una passione perché mi fa mettere mano a cose che altrimenti non avrei mai approfondito. È sicuramente un elemento che mi permette di rafforzare un messaggio e suscitare emozioni e sentimenti diversi che la singola immagine non potrebbe fare. Il mio obiettivo è di elevare la fotografia a qualcosa di più complesso, anche percorrendo strade nuove, regalandole così la forza dell’unicità dell’opera d’arte.

Parliamo della progettualità nella tua fotografia…

La mia fotografia è sempre legata a uno studio specifico. Sono d’accordo con Ugo Mulas quando afferma che l’arte fotografica si basa su di un disegno, un percorso, un lavoro preparatorio. Lo scatto è solo un gesto. Non è necessario andare dall’altra parte del mondo per dare vita ad un progetto stimolante, è sufficiente bussare piuttosto al tuo vicino, parlarci e vedrai che nascerà qualche cosa di interessante. In questo senso il viaggio per me rappresenta movimento, dinamismo, spostamento, nel senso di andare a vedere qualcosa di diverso, senza la necessità di fare migliaia di chilometri. Sono un’anima inquieta, quando rimango per troppo tempo fermo soffro. Italian Summer è la mia medicina perfetta perché mi permette di vedere dei luoghi che non avrei, probabilmente, nemmeno cercato. Il movimento è fondamentale, ti permette di accedere alla vera scoperta.

Nel viaggio c’è anche un aspetto legato all’evoluzione…

È intrinseco. Anche prendendo un treno…L’evoluzione infatti risiede nel percorso interiore che uno deve fare nell’apprezzarlo. Non è scontato. Questa bellezza, questo viaggio, questo film non è dentro il cellulare. Stiamo involvendo, non guardiano più fuori. La mia vuole essere anche una provocazione: con MiRo. Milano-Roma ti porti una vera finestra a casa.

Quale è quel click che ti consente di dire “questa è la storia giusta”?

In realtà lo capisco dai primi scatti. Osservo, scatto e poi mi guardo dentro. MiRo. Milano-Roma è nato dall’esigenza di voler raccontare tutti i miei giorni trascorsi sul treno. La scintilla è nata tra il mio guardare fuori e il resto dei viaggiatori che non lo faceva. A Lampedusa la scintilla è nata quando ho iniziato a vedere le barche da lontano e ho avvertito una tristezza molto profonda. Se ci pensate il loro significato è tremendo. Ma l’arte è ovunque, anche nello scafo di una barca abbandonata. L’ispirazione è un momento, un cambio dimensionale, un istante in cui qualcosa dentro di te si trasforma ineluttabilmente.

A cosa stai lavorando ora?

Sto lavorando a un nuovo progetto molto impegnativo ma che sarà una bellissima celebrazione di quell’arte che è l’agricoltura italiana.

Sogni nel cassetto?

La panamericana.

Un suggerimento che vuoi dare a chi vuole dedicarsi alla fotografia, anche solo per passione?

Studiare prima di tutto. E pensare. Noi tutti oggi soffriamo di inquinamento da eccesso d’immagini. Quando io ho iniziato mi è stato suggerito di prendere un libro dedicato all’arte pittorica di Caravaggio e di studiarne la luce. Non basta una macchina fotografica o un drone. La luce è il nostro pennello.

Lara Mazza

Lara Mazza

Agli studi scientifici ha preferito la filosofia, la scrittura, la fotografia e poi la comunicazione. Così, a forza di parlare per lavoro e scattare per diletto, sono passati un bel mucchietto di anni. Il tempo passa, la vita corre ma la passione resta. Se su due ruote o accompagnata da un quattro zampe meglio ancora.
Image
SEGUICI