Nel post “Euroluce 2019. Quattordicimila passi e 23 scatti d’autore”* vi abbiamo raccontato, attraverso le immagini di Marco Scarpa, i brand più importanti del settore lighting presenti alla manifestazione milanese. Qui - sempre con un’ampia gallery fotografica in continuità con la precedente - facciamo il punto sul Salone del Mobile, uno specchio dei nostri tempi, dei nostri modi di vivere e di abitare il presente. Una riflessione su industria e artigianato, innovazioni e memorie.
La provocatoria e ironica riflessione con cui l’architetto Mario Bellini ha inaugurato - insieme agli interventi di Joseph Grima e Stefano Boeri - il Museo del Design Italiano è la lente attraverso cui leggere - anche - questa cinquantottesima edizione del Salone del Mobile.Milano.
«…Dunque che cos’è il design? Noi lo sappiamo ma non riusciamo a definirlo… se facciamo un salto indietro nella storia negli anni ’20 e ’30 quando si è cominciato a dire: basta con gli stili, è ora di finirla, abbiamo avuto Rococò, Neoclassico Biedermeier, Art déco e poi adesso il Moderno. Ma il Moderno è uno stile? No, il Moderno è la fine, è la morte degli stili. Eh già! Ma se design significa tutte queste cose, soltanto usandolo come etichetta, è probabile che design sia diventato il nome dello stile del disegno dei nostri tempi. (…)».
Design, modernità, minimalismo. Sinonimi dunque, che definiscono arredi dalle linee semplici, incastri perfetti, forme geometriche pure. È solo l’essenziale a parlare e a riassegnare un valore ai materiali - nobili, di qualità, ecosostenibili ecc. ecc. - e all’esecuzione, dove si evidenzia la possibilità di instaurare un dialogo tra industria (per tutti, seriale) e artigianato (unico, fatto a mano). In quest’ossimoro apparente si destreggiano, da alcuni anni, un buon numero di aziende che hanno scritto, e continuano a farlo, le più belle pagine del design made in Italy.
Sul filo del less is more mobili, imbottiti e complementi rivelano la loro personalità attraverso scelte strutturali ottenute per sottrazione, secondo la lezione di Mies van der Rohe. E tutta l’attenzione si sposta sui dettagli: tangibili, quando si tratta di superfici, da scoprire, quando è la tecnologia a fare la differenza.
E per noi, “addetti ai lavori” scatta l’attrazione fatale: verso un divano dove l’alamaro è cucito a mano (Zanotta), il contenitore storico è ripensato in bioplastica (Kartell), un filo di lana nelle mani di un’artista disegna un lampadario (Missoni Home). Nuovi modi di vivere impongono nuove narrazioni, filosofie, prodotti ma a tratti la memoria ci sorprende per la sua attualità e lungimiranza. Pensiamo alla poltrona “Up5_6”, disegnata da Gaetano Pesce nel 1969 (B&B Italia), al lampadario “PH Artichoke” progettato nel 1958 da Poul Henningsen (Louis Poulsen), al sistema “Nomos” creato da Foster & Partners nel 1987 (Tecno) e potremmo continuare, prendendo in considerazione anche riletture e adeguamenti di collezioni già a catalogo delle grandi aziende da oltre un decennio. Eredi di quell’acuto senso delle proporzioni, di quell’ariosità e leggerezza che ci ha lasciato il movimento Moderno, le nuove produzioni continuano il gioco della sottrazione, asciugando e perfezionando. Pensiamo ad esempio alla vasca “Round Fisher” progettata da Piero Lissoni (Boffi), al tavolo “Mawari” firmato da Gunther Pelgrims (De Padova), alle lampade “In Vitro” disegnate da Philippe Starck (Flos).
Una tensione verso l’armonia e la semplicità delle forme che ritroverete nelle foto della nostra gallery, scattate - come nel precedente post dedicato a Euroluce 2019 - da Marco Scarpa. Una testimonianza - sicuramente non esaustiva - ma speriamo piacevole e significativa di ciò che per noi, al Salone del Mobile.Milano, ha “lasciato il segno”.