Mister Green

mister green recensione piccolo teatro grassi 2017

Mister Green di Jeff Baron
Traduzione Michela Zaccaria
Regia Piergiorgio Piccoli
Con Massimo De Francovich e Maximilian Nisi
Scene e costumi Theama Teatro
Musiche originali Stefano De Meo
Produzione Theama Teatro

Dal 7 al 12 febbraio 2017 al Piccolo Teatro Grassi

 

7 febbraio 2017 - Due personaggi si avvicendano sulla scena, un salotto newyorkese immutato da decenni, in cui Mr. Green vive ormai solo: è questa la scenografia di Mr. Green, spettacolo di Jeff Baron con la regia di Piergiorgio Piccoli in scena al Piccolo Teatro Grassi. Va a trovarlo una volta a settimana, il giovedì sera, il giovane Ross: è stato condannato dal giudice a farlo, perché ha quasi investito il suo ospite in un incidente automobilistico. Pur mettendo in chiaro, a parole, che entrambi non desiderano la presenza reciproca, fin da subito si percepisce la curiosità e l'interesse nel conoscere l'Altro.

Anche il pubblico deve procedere lentamente in questa conoscenza, imparare a fidarsi dei due protagonisti, che gradualmente ma inesorabilmente tirano lo spettatore dentro il proprio mondo emotivo. Un mondo di solitudine, il mondo di un animale ferito, abbandonato, ormai rassegnato, come esemplificano le spallucce di Mr. Green alla domanda se allora non gli importi nulla di morire. Mr. Green è un uomo che cerca di essere un'isola: rigidamente legato alle tradizioni della sua religione, l'ebraismo, si allontana da tutti e da tutto per proteggere convinzioni e convenzioni che sembrano ormai rinnegate dal mondo contemporaneo. Ma nessun uomo è un'isola, e la pazienza delicata di Ross nell'infilarsi tra le fessure di questa muraglia, tra un pasto d'asporto kosher e l'altro, viene premiata da una progressiva apertura sul passato dell’anziano, che racconta a lungo della moglie morta da poco, con cui è stato sposato per sessant'anni Senza mai un litigio.

È la rivelazione di Ross, però, il vero climax dell'opera. Spezza a metà lo spettacolo: alla prima parte fatta di frasi stereotipate, sarcasmo e altri meccanismi di difesa si sostituisce una seconda parte senza più ipocrisie, nascondigli, molto più ritmata e potente. La collisione tra le due isole è avvenuta e nessuno dei due protagonisti potrà continuare indenne con la sua vita precedente.

Il giovane e il vecchio incarnano due mondi generazionali che si scontrano, due modelli di vita che si confrontano senza sapere se esiste un punto di incontro. Da una parte Mr. Green, che rappresenta la fedeltà alla tradizione, la rigida adesione a schemi antichissimi, la difesa di un'idea che trascende il singolo per preservare qualcosa di più grande (l’anacronistica razza). Dall'altra Ross è il giovane ebreo che ha introiettato il sogno americano, l'autorealizzazione, l'attenzione sulla felicità individuale piuttosto che sul dovere morale e religioso, la necessità di essere se stessi e disvelare la propria vera identità anche quando non rispetta i precetti. Ed inevitabilmente è il futuro a vincere sul passato, è il giovane che insegna (e molto) al meno giovane: tutta la scena è un susseguirsi di porte che si aprono e si chiudono, il giovane le apre e il vecchio cerca di chiuderle, ma è un tentativo che finisce sempre per essere fallimentare, perché il passato per quanto ci provi non riuscirà a tener chiuso fuori il futuro.

Un messaggio tanto più significativo per un paese come l'Italia, in cui vige una gerontocrazia che sta cercando in tutti i modi di tenere i giovani (e il futuro) chiusi fuori dalla porta. La platea composta per lo più da over 65 è il sintomo, le risate frequenti all'inizio che vanno via via affievolendosi mentre lo spettacolo procede con la sua tesi è (si spera) la cura.


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Babi Campi Falcone

Babi Campi Falcone

Mi occupo di teatro da una decina di anni e lavoro nell'ambito della comunicazione da qualche anno in più. Mi piace fotografare volti per strada. Mi piace costruire mobili. E mi piace leggere. Da Ariosto a Philip K. Dick, da Pinter a John Patrick Shanley. Ultimamente e inspiegabilmente - anche qualche libro sulla fisica quantistica e la teoria dell'universo olografico. Tra i viaggi più belli, 10 anni di psicoanalisi junghiana...

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