Oggi il suo obbiettivo ritrae le avanguardie di un’intraprendenza diffusa. Una costellazione di luoghi, progetti e persone che parla di tempo speso per la ricerca, di investimenti, di creatività e passione per il proprio lavoro. Nato come fotografo di architettura, design e paesaggio industriale, ha iniziato inquadrando la realtà attraverso un banco ottico. Un periodo in bianco e nero. Dopo… è un'altra storia. Di colore, aria e viaggi. New york, la cronaca locale, le passerelle. E poi la vita si apre su altri orizzonti: Patagonia, Bolivia, Colombia, Terra del fuoco, Siria, Thailandia… Un'epoca di libertà, di guerre e di Gran tour internazionali ospitati sulle pagine del Corriere della Sera, del New York Times, di Panorama, L'Espresso, Bell'Italia, Viaggi e sapori e molte, molte altre riviste di cui non ha memoria.
Incontro Marco Scarpa nel suo studio milanese. Qui c'è intimità e calore, due levrieri accoglienti e un'onda di luce naturale che sfiora tre immagini formato panoramico: Central Park e una vista delle torri gemelle. «Le ho fatte stampare come le ho inquadrate io» mi dice, «come si faceva una volta». E nel suo sguardo quell'istantanea c'è ancora, manifesto di un'epoca tattile e analogica, come il telefono degli anni ’70 appoggiato sulla consolle vicino all'ingresso. La scrivania, al contrario, è un'isola di attualità: computer, stampante, smartphone. Sta montando un video emozionale che mi mostra in anteprima. È la storia di un'azienda di pelletteria. Ma in realtà è molto di più. È un film di un minuto e mezzo.
Da reporter a Image Consultant per le aziende. Come è avvenuto questo passaggio? Circa cinque anni fa alcune imprese mi hanno chiamato per rilanciare la loro immagine. I progetti erano interessanti, potevo “pescare” oggetti dagli archivi e fotografarli secondo la mia visione, impostare la comunicazione visiva online e sui social, realizzare video. Avendo sempre “carta bianca”, una condizione per me irrinunciabile. E poi volevo raccontare lo charme italiano, la manualità, l'artigianalità. Mi è sembrata una buona opportunità per cimentarmi in qualcosa di nuovo… storytelling, regia e per muovermi esclusivamente sul canale digitale.
Nei tuoi lavori di oggi c’è anche la tua storia professionale… Nei video, ogni frame è una foto. Quando parto per un reportage studio prima dove andare e poi è un lavoro di mediazione tra ciò che vedo e ciò che mi dice la “pancia”. Ma il video, come la foto, ti obbliga a fare delle scelte. E a progettare e selezionare. Un video di solo 1:30 secondi ha alle spalle vari sopralluoghi e tante ore di girato, una regia. Anche per i ritratti uso lo stesso metodo. Creare un feeling con chi vuoi fotografare è importante per coglierne l'autenticità, per far cadere le maschere.
Come è nato il tuo amore per la fotografia? In realtà penso che abbia radici lontane. Viene da un bisogno di trasformare, di modellare, di guardare le cose secondo una prospettiva personale. Sono esperienze che risalgono alla mia infanzia, quando d'estate andavo a Venezia. Mio nonno, maestro d'ascia, mi ha insegnato a lavorare il legno a riconoscerne le venature e i nodi. È un'esperienza che ha affinato il mio istinto, mi ha insegnato ad “ascoltare” i materiali e a coglierne le potenzialità. E mi ha lasciato la voglia di creare qualcosa dal nulla.
Seguono digressioni sulla libertà e le partenze, gli aeroporti e la solitudine, la voglia di “andare” e il coraggio di restare. E poi ci sono le immagini, qui nella gallery, che dagli anni ’90 ripercorrono, attraverso ritratti e paesaggi la sua storia professionale e personale. Che è anche la nostra storia. Dal bianco e nero al colore. Dall'analogico al digitale.
www.marcoscarpa.com | @marcoscarpaphoto
Un pioniere della comunicazione visiva
Laura Perna
