La vocazione significa avere per mestiere la propria passione (Stendhal)
Saper fare bene le cose per il proprio piacere, per rispondere alla propria vocazione: plasmare, modellare, creare gioielli. Questo è il leitmotiv di Gerardo Sacco, classe 1940, fra i gioiellieri italiani più famosi in Italia e nel mondo.
Maria Grazia Cucinotta
Maria Grazia Cucinotta
Arriva il 1967 a segnare la prima tappa importante nella carriera del giovane creativo quando finalmente disegna e realizza un intero campionario di gioielli che gli vale il primo premio alla Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze. Lo stesso riconoscimento arriva per tre anni consecutivi.
Nonostante continui successi e anni di duro lavoro, Gerardo è sempre un dipendente e quando si vede rifiutare l’aumento del suo stipendio mensile (31 mila lire) decide che è arrivato il tempo di mettersi in proprio. Chiede un prestito di 3 milioni di lire all'ArtigianCassa e in attesa delle pratiche, lascia per la prima volta la Calabria per andarsene al Nord. A Valenza Po c’è l'istituto “Benvenuto Cellini” che lo attende. Il futuro “gioielliere delle Dive”, manualmente sa fare tutto, ma vuole studiare per colmare le sue lacune. Purtroppo sono sempre i soldi a scarseggiare, così il mattino lavora in una fabbrica di oreficeria e la sera stanco può tornare sui banchi di scuola. Ha ventidue anni e nella sua valigia porta le speranze di un giovane meridionale che aspira a diventare un creativo.
Quando rientra a Crotone lì apre la sua bottega, lì inizia l'attività in proprio. Gli anni Ottanta segnano la vera svolta della sua dorata carriera: un incontro casuale. A una sfilata nei pressi dei Laghi Sibari il produttore Fulvio Lucisano rimane impressionato dai gioielli creati da quel ragazzo un po’ timido, tanto da proporli a Franco Zeffirelli, impegnato in quei giorni a mettere in scena l’Amleto con Liz Taylor. Sarà la donna dagli occhi più belli del mondo la prima diva a indossare le creazioni del giovane artigiano. Per lei Gerardo lavora giorno e notte, perché ha poco più di una decina di giorni per realizzare quei gioielli che la stessa Taylor, davanti alla stampa, dichiara, essere “i più belli del mondo”.
Nella vita, mi confida il Maestro Sacco, non bisogna mai lamentarsi. Oggi quando ripensa al passato si sente fortunato. Avrebbe potuto essere uno dei tanti orafi di provincia. Invece il suo nome è diventato importante tanto da ottenere persino il riconoscimento del Commendatore Taverniti, padre di una giovane ragazza crotonese di cui Gerardo s’innamora perdutamente. Quella ragazza è la protagonista di un’altra favola, quella sentimentale che il Maestro Sacco vive, sposandola. È lei che gli resterà accanto sino a quando, pochi anni fa, è colpita da una malattia che non dà scampo.
Ancora oggi il maestro Sacco sente il bisogno di studiare per raccontare delle storie attraverso l’arte orafa. Bisogna attingere al passato per poi rivisitarlo. Così studia l’arte dei Pupi e disegna una collezione che gli vale il premio Bellini per avere interpretato i personaggi dell’Opera siciliana e continua con l’interpretazione dei vasi di Caltagirone, le famose teste diventano gioielli da indossare.
Oggi continua a lavorare nella sua bottega di Crotone. Ma non è più solo. Con lui i suoi tre figli: Antonio, Viviana e Andrea. Le collezioni Sacco fanno sognare perché sanno parlare dello splendore e dell’orgoglio di antiche civiltà e culture, da quella contadina a quella bizantina. Le opere prodotte nel laboratorio dell’orafo calabrese più famoso al mondo sono suggestioni di un tempo passato, ma raccontano anche le immagini della modernità. Le lavorazioni e il design sono artigianali ma anche innovative. La ricerca è da sempre il suo pallino.
Nel suo laboratorio si respira tutta l’arte di chi - sin da piccolo - ha sognato di produrre creazioni che rendessero ancora più preziose le donne del mondo. Il Maestro Sacco è un uomo che ha saputo trasformare in mestiere la sua vocazione grazie al suo talento, tanto che, persino lui fa fatica a riconoscersi. Sarà perché non ha mai smesso di cercare quel riconoscimento negatogli all'anagrafe. E ancora oggi, persino dopo essere stato annoverato, insieme alla Ferrari, tra le dieci aziende italiane più importanti al mondo, il ragazzo di Crotone sembra ancora stupirsi della sua bella favola.