“Anche l’occhio vuole la sua parte”, un modo per dire che anche l’estetica ha la sua ragion d’essere ma, divertissement a parte, gli occhi, e tutta la simbologia e iconografia legata ad essi ha radici, ancora vive, che si perdono nella notte dei tempi.
Nella storia dell’arte, che per molti secoli ha affiancato la storia delle religioni, l’immagine dell’occhio ha rappresentato lo sguardo “divino”, la sua onnipresenza e onniscienza e, a partire dal Rinascimento, l’iconografia cristiana l’ha disegnato dentro un triangolo equilatero, con riferimento al mistero della Trinità e alla perfezione del numero 3.
Ma l’occhio, come simbolo, è presente anche nell’antico Egitto, dove l’Occhio di Ra, o Occhio di Horus (che tutto vede) era simbolo potentissimo di regalità, protezione e amuleto di grande aiuto nella rinascita a nuova vita dopo la morte.
L’occhio racchiuso nella punta di una piramide è successivamente entrato anche nell’iconografia massonica, più di 300 anni fa. I massoni attribuiscono all’occhio la rappresentazione spirituale di Dio, il Grande Architetto dell’Universo e, tra le interpretazioni più popolari, la piramide rappresenta il potere su questa terra alla cui sommità vi si trova una ristretta élite di persone (evidenziata appunto dal triangolo). La luce che emana fa riferimento alla luce della conoscenza che rende queste persone “illuminate”.
Questo simbolo è utilizzato anche in altri ambiti: per esempio guardando la planimetria di Washington si può notare come la Casa Bianca sia posizionata in cima ad una toponomastica a forma di piramide; stesso simbolo anche sul biglietto da 1 dollaro.
L’Occhio di Allah, o Evil Eye, è uno dei più famosi, e attuali, amuleti originari della Turchia e del Mar Egeo contro il malocchio e il risentimento altrui ma la sua diffusione è molto più ampia e lo si trova anche in altri paesi come la Grecia.
Non di rado questo oggetto è presente nelle case, in ufficio, in auto, le donne lo indossano come un gioiello, utilizzatissimo per bracciali, orecchini e collane, mentre ai bambini viene attaccato sui vestitini con una spilla da balia e, negli ultimi anni, sembra essere in crescita anche in forma di tatuaggio.
Era dunque naturale che prima o poi questo simbolo, fisico, spirituale o esoterico, a seconda di come lo si voglia interpretare, avrebbe “contaminato” nelle sue molteplici forme anche gli spiriti più visionari della musica o della moda.
È il caso di Gucci, che ha riprodotto l'immagine dell'occhio che lacrima apparso sulla copertina del vinile “Levon-Goodbye” - composto e interpretato da Sir Elton John nel 1972 e scritto da Bernie Taupin nel 1971 - su shopper in pelle, T-shirt e felpe (capsule collection Gucci Elton John, 2018).
E sempre attente al potere magnetico dello sguardo le aziende di cosmesi, come Dior, che di stagione in stagione propongono prodotti d’eccellenza per la loro cura e bellezza, investendo ogni anno ingenti capitali nel dipartimento ricerca e sviluppo.